Cominciò tutto mesi fa. Sono in Erasmus in Inghilterra, e sono felicissimo di dire che non ho cdm. Ma più racconto questa storia più mi convinco che forse siamo tutti cdm, e ci siamo ritrovati insieme per uno scherzo del destino.
Mesi fa abbiamo cominciato a collezionare cose. Niente di esagerato, ma abbiamo in casa coni, segnali e cartelli stradali, pali di metallo presi per strada, e quando andiamo nei pub/ristoranti, succede che al rientro a casa ci ritroviamo inaspettatamente delle cose nelle tasche. Oops. Abbiamo smesso di comprare zucchero, sale e salse varie, nei cassetti abbiamo pinte e boccali di birra delle più svariate marche e tipologie, e abbiamo uno degli appartamenti più decorati della zona. Decorato senza alcun gusto, sia chiaro, collezioniamo cose che troviamo in strada, nei locali, nelle fiere e così via e lo buttiamo sui muri, per terra, sulle mensole, sui tavoli.
Una sera ci troviamo in uno dei nostri pub preferiti, già bellamente annaffiati di sidro, birra e gin tonic. Un posto meraviglioso, che nel corso dei mesi ci ha regalato quadri, bicchieri, cartelli, i cordoni che chiudono l’accesso alle aree chiuse, e persino due sedie, di quelle belle, ricamate e con i cuscini e i braccioli. Ma quella è un’altra storia, non divaghiamo. A un certo punto vediamo lei. Bellissima, spessa, di un bel colore marrone scolorito: una panchina di legno massiccio su cui ci siamo seduti a cazzeggiare più volte, ma che abbiamo sempre guardato con gli occhi dell’innocenza. Un po’ come quell’amica a cui vuoi semplicemente bene, finchè ti rendi conto che le tue esigenze fisiche sono più forti del semplice affetto. E altrettanto valeva per la panchina: per quanto amassimo usarla nel pub, qualcosa era cambiato. La guardo, i coinquilini la guardano. Scatta la scintilla, non c’è bisogno di dirlo, sappiamo che stiamo pensando la stessa cosa, ma uno di noi pronuncia la sentenza per tutti: “Stasera non si torna a casa senza la panchina”. Il locale è enorme, ha due saloni, tre banconi e salette varie, perciò è pieno di sicurezza. Due miei amici improvvisano una rissa nel mezzo del corridoio principale per distrarre gli energumeni che puntualmente vanno a fermarli, altri sei di noi afferrano la panchina e scappano verso il parcheggio. La imboschiamo in un cespuglio e ritorniamo dentro a bere con nonchalance.
Ora, non abbiamo mai messo quella panchina su una bilancia, quindi non ho certezze, ma doveva pesare almeno 70/80 chili. Almeno.
Abitiamo a due chilometri a piedi dal pub, e otto di noi facevano a turno per trasportare il pesante tesoro, eravamo tutti eccitatissimi. In un modo o nell’altro arriviamo a casa, ci destreggiamo con complesse operazioni logistiche per farla passare tra scale, porte e corridoi, e la sistemiamo con cura nel salotto, tiriamo fuori chitarre, canne e playstation e la iniziamo alla sua nuova vita: se prima chiunque poteva usarla, da quel momento in poi avremmo potuto farci i nostri comodi solo noi.
Andiamo a dormire soddisfatti e felici.