Per me sono stati sei mesi idilliaci, mi sembrava di essere in paradiso.
Era il coinquilino che tutti desiderano, si lavava (purtroppo non è da tutti), la sua stanza profumava perennemente di pineta e aria di montagna, lavava i piatti otto secondi dopo aver finito di mangiare, faceva pulizia nelle aree comuni meglio di una donna delle pulizie professionista, spesso si offriva volontario per stirarmi le divise o correva di sua spontanea volontà in farmacia a prendermi le medicine quando stavo male.
Insomma era il coinquilino perfetto, ero al settimo cielo per questa convivenza e quando le miei amiche mi parlavano dei disagi dei loro cdm la mia risposta era: “Madonna che incubo… No, per fortuna a me è andata bene”.
Mai parole mi portarono più sfiga.
Domenica mattina, un freddo allucinante, il campanello suona e io a fatica scendo dal letto e mi dirigo verso la porta d’ingresso. Apro.
Ci sono due uomini in divisa.
I due carabinieri mi domandano dove sia il mio coinquilino e io, sbigottita, indico loro la sua stanza.
Dopo qualche minuto, i due carabinieri escono portandosi dietro il mio coinquilino perfetto, che cerca di divincolarsi urlando: “Non è colpa mia, me l’hanno detto le voci! Mi parlano di notte!”
Quella domenica, purtroppo, ho perso il mio coinquilino perfetto.
Ah, pare che l’accusa fosse furto.
Saluti da Bea