Nel 1930 John Maynard Keynes predisse che, entro la fine del secolo, la tecnologia sarebbe stata sufficientemente avanzata da consentire a Paesi come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti di raggiungere una settimana lavorativa di quindici ore. Ci sono tutte le ragioni per credere che avesse ragione.
Eppure non è successo.
Quello che si è verificato è che, dagli anni Venti del secolo scorso in poi, abbiamo assistito alla creazione di un’infinità di nuovi lavori e industrie, anche se ben pochi di questi hanno a che fare con la produzione e la distribuzione di sushi, smartphone o scarpe da ginnastica.
Tante di queste professioni si sono create grazie al progresso tecnologico, altre sono nate dal perfezionamento delle tecniche nate per convincere le persone a comprare i beni che l’industria produce. E le università hanno sempre più corsi legate proprio a questo tipo di professioni.
Fra le pieghe di questo nuovo mondo sono nati i cosiddetti bullshit jobs, ovvero forme di occupazione completamente inutili, superflue o addirittura dannose, mansioni che nemmeno chi le svolge può giustificarne l’esistenza.
Certi lavori sono così inutili che nessuno si accorge se la persona che li svolge scompare. E attenzione: i bullshit jobs non esistono solo nel settore pubblico, ma anche in quello privato.
I cinque tipi di bullshit jobs
Nel suo saggio “Bullshit Jobs”, Davide Graeber identifica cinque tipi principali di bullshit jobs:
- Tirapiedi (flunky)
Sono quei lavori che esistono solo o principalmente per far sembrare o sentire importante qualcun altro. Pensiamo ad esempio all’ascensorista, il cui unico compito è quello di premere tasti dentro un ascensore affinché qualcun altro si senta importante. - Sgherri (goons)
L’uso di questo termine è, ovviamente, metaforico: non si tratta di veri e propri gangster. Sono piuttosto posizioni che le aziende aprono solo perché ci sono altre aziende che hanno gli stessi posti. Parliamo di addetti alle pubbliche relazioni, a chi si occupa di marketing e degli avvocati aziendali. - Ricucitori (duct taper)
I duct taper sono lavoratori subalterni il cui compito è quello di rimediare ai danni causati da superiori negligenti o incompetenti. Questi lavori creano in chi li fa un grande stress: Sigmund Freud parlò addirittura di “nevrosi della casalinga”: una condizione che, secondo lui, colpiva le donne costrette a limitare i loro orizzonti di vita al riordino degli altri e che quindi diventavano fanatiche dell’igiene domestica come forma di vendetta. - Barracaselle (box ticker)
Sono quegli impiegati, presenti specialmente nelle grandi aziende, il cui compito è quello di stilare report e compilare moduli solo per fare sapere al livello più alto dell’azienda che si stanno svolgendo le mansioni assegnate. - Supervisori (taskmaster)
I supervisori si dividono in due categorie: ci sono coloro il cui ruolo consiste interamente nell’assegnare il lavoro agli altri. Tante volte se il supervisore non ci fosse, i sottoposti sarebbero perfettamente in grado di andare avanti da soli. Ci sono poi coloro, molto più dannosi, il cui compito è quello di creare compiti inutili da affidare agli altri o addirittura di creare bullshit jobs completamente nuovi.
Gli effetti dei bullshit jobs
Ma quali sono le conseguenze di questo tipo di professioni? Prima di tutto, la gran parte di chi li svolge sa bene che i lavori che compiono sono completamente inutili: questo crea in loro nevrosi, stress e anche depressione. Crea ambienti lavorativi tossici e impedisce alle persone di seguire le proprie inclinazioni e la propria creatività.
Giudicare un lavoro non per la sua reale utilità, ma per la quantità di denaro che può fornire a chi lo svolge, è un modo formidabile per nascondere questo tipo di lavori che spesso, purtroppo, sono pagati molto bene.
Per un approfondimento sul tema, vi consigliamo:
- “Bullshit jobs” in università: un’autodenuncia, un articolo di Federico Zuolo.
- Il saggio di David Graeber “Bullshit Jobs” in italiano e in inglese.
Riguardo le immagini presenti in questo articolo:
Il 5 gennaio 2015, il primo lunedì del nuovo anno – cioè il giorno in cui la maggior parte dei londinesi tornava al lavoro dalle vacanze invernali – qualcuno ha preso diverse centinaia di annunci nei vagoni della metropolitana di Londra e li ha sostituiti con una serie di manifesti di guerriglia urbana composti da citazioni del saggio di Graeber.